Primo giorno: venerdi'

Creato il: 03/11/2009
Data Da: 26/11/2004
Data A: 26/11/2004
Pubblicato: Si
Licenza: Creative Commons License
Nazioni: Russian Federation
: moska

Esco di casa alle otto come al solito per portare i bambini all’incrocio in direzione della scuola. Abbigliamento: scarpe da trekking, jeans sopra ai pantaloni da sci, giaccone di goretex. Mi accompagna un’amica al trenino per l’aeroporto (stazione Trastevere), sosta al bar per cappuccino, alle otto e quindici sono un bagno di sudore, ma a Mosca è "meno venti".
Ore 11,10: imbarco puntuale. Aereo piccolo. Alitalia 321.
Guardo i piedi della gente imbarcata: uno stivaletto, qualche scarpa da trekking, per il resto tutte calzature normali. Già mi sono tolta il maglione...!
L’aereo è mezzo vuoto, venti persone al massimo, per lo più uomini, russi, un solo bambino. Sorvoliamo Vienna e i suoi ponti sul Danubio, poi via in direzione di Cracovia. C’è neve dappertutto. D’improvviso inizia una perturbazione.
Voliamo nel sole e nella luce su un pavimento di nuvole. Leggo la guida di Mosca per comprenderne l’orientamento.
L’aereo arriva puntuale e l’atterraggio è perfetto. Ci prepariamo a sbarcare. Di solito c’è ressa, stavolta tutti arretrano, ai primi posti c’è uno che puzza, da solo, relegato in fondo, e nessuno ci tiene ad accodarsi a lui.
Formalità di dogana e frontiera in un grande atrio anni Settanta, scuro e triste. Si formano due file, lente, quasi tutti uomini. Al gabbiotto, due poliziotte in divisa verde controllano meticolosamente visti e passaporti. Sguardi seri, nemmeno un sorriso di benvenuto.
Ritiriamo i bagagli e fuori ci attende Nadezhda, il nostro referente al Congresso dove dobbiamo parlare. Non ha l’automobile, perciò contratta con un taxi il passaggio per Mosca (35 euro).
Facciamo un viaggio di un’ora in un traffico allucinante lungo la strada che viene da San Pietroburgo. Le macchine sono praticamente ferme o vanno lentissime. E’ nevicato a Mosca e le strade non sono ancora pulite. Sono costretta a fare conversazione con Nadezhda, ma mi sento stanchissima.
Dimenticavo: all’aeroporto, primo momento di panico: veniamo a sapere che l’albergo non accetta la carta di credito e praticamente nessuno accetta la carta in città. A stento abbiamo i contanti per pagare l’albergo e io non ho con me il codice della mia carta per ritirare i soldi al distributore. Intanto arriviamo a Mosca, poi si vedrà...
Entriamo in città: la prima impressione è piuttosto negativa: gran dispendio di energia per illuminare squallidi magazzini americaneggianti. Oltrepassiamo due McDonald’s, con il marchio rigorosamente scritto in cirillico. Nessuna differenza rispetto a quelli di Roma.
Attraversiamo il tunnel dove negli anni Novanta si tennero le vicende legate al colpo di Stato sotto Eltsin e poi costeggiamo due delle mastodontiche torri staliniane. Una è datata 1951.
Il taxi ci lascia nei pressi dell’albergo. La nostra amica russa ci racconta che in epoca sovietica era un albergo di lusso, oggi assolutamente anonimo. Le stanze sono dignitose e pulite. Alla reception ci sono 4/5 persone più tre guardiani. Che fanno?
Usciamo per cenare. Preferiamo non rimanere in albergo.
Costeggiamo il Prospekt di Lenin, larghissimo, e alla fine individuiamo un posto dove mangiare. Grande, su due piani, tavoli di legno, musica di sottofondo. Ci saranno venti persone in tutto, giovani per lo più, una coppia balla un lento prima di cenare, lui porta alla vita una fondina, vuota.
Una signorina ci porta il menu, disponibile in inglese. Indichiamo cosa abbiamo scelto, ma non ci capisce. La traduzione russa non è riportata a fianco... Chiama perciò un altro cameriere che conosce un po’ d’inglese...
Torniamo presto in albergo, siamo stanchissimi. Ho la sensazione che il salmone che ci hanno offerto sul volo Alitalia, mi stia per fare brutti scherzi.